Gli atti persecutori (c.d. stalking) sono puniti dall’articolo 612 bis del codice penale.
E’ punito chiunque minaccia o molesta taluno, con condotte reiterate, in modo tale da ingenerare un grave e duraturo stato di paura o ansia, oppure un timore fondato per la propria incolumità o per quella di un prossimo congiunto (o persona legata da relazione affettiva), oppure in modo tale da alterare le abitudini di vita della persona.
La pena è aumentata se il fatto è commesso con mezzi informatici, in danno del coniuge o ex coniuge, o di persona con cui si intrattiene, o si è avuta, una relazione affettiva. Le pene sono ulteriormente aumentate se la persona offesa è una donna in stato di gravidanza, o un minore, o un disabile.
La più recente giurisprudenza ha stabilito che lo stalking sia un reato a fattispecie alternative, ossia che ciascuna delle condotte sopra indicate sia idonea, da sola, ad integrare il reato in oggetto. Si può dire quindi che per la sussistenza del reato sia sufficiente aver cagionato uno stato d’ansia e di timore per l’incolumità, e non necessario aver determinato un mutamento delle abitudini di vita della vittima (Cass. Pen. n.35778, 26.04.16).
In tema di elemento oggettivo, si evidenzia che è ormai condiviso che per integrare l’elemento richiesto della reiterazione delle condotte, sia sufficiente porre in essere anche soltanto due condotte di molestia o minaccia (Cass. Pen. n.48332, 7.12.15).
Con riferimento all’elemento soggettivo del reato, si ricorda che la norma richiede solamente il dolo generico, ovvero è sufficiente la volontà di porre in essere più comportamenti di molestia o minaccia, con al consapevolezza dell’abitualità del proprio agire e dell’idoneità a causare uno degli eventi previsti alternativamente dall’art.612 bis c.p.. Non è invece richiesta la c.d. preordinazione dei comportamenti persecutori (Cass. Pen., n.21407, 23.05.16)