La Cassazione conferma: impedire il riposo integra gli estremi del reato di cui all’art. 659 cod. pen.
Quando il rumore diventa disturbo. La Cassazione torna ad occuparsi del disturbo del riposo delle persone. Torna, perché negli scorsi mesi il Supremo Collegio si era infatti già interessato della questione: ne avevamo dato conto, parlando di cani un po’ troppo petulanti e di pianoforti molesti ma da allora? la musica non è cambiata. Questa volta sul banco degli imputati (loro in senso metaforico: i loro genitori in senso fisico) finiscono quei bambini che di smettere di far rumore non vogliono proprio saperne, nemmeno nelle ore notturne. Così alcuni condomini si ribellano e, risultate vane le lettere di richiamo dell’amministratore di condominio, passano alle denunce. Intervengono anche i carabinieri, che in più occasioni constatano in effetti l’esistenza di “rumori prodotti dall’improvviso e fragoroso abbattimento delle tapparelle, lasciate cadere con forza, da passi marcati sul pavimento, da colpi sordi, dallo sbattimento della tavoletta del w.c., dallo spostamento di mobili e suppellettili”, ma nemmeno i richiami ed ammonimenti formali dei militari ha evitato che tali rumori si ripetessero nel tempo, tanto da diventare un vero e proprio disturbo per il riposo dell’intero condominio. Il disturbo va punito, anche se non volontario. Al cospetto di una situazione del genere i giudici di primo e secondo grado non hanno potuto far altro che condannare i genitori di quei bambini che impediscono anche agli altri condomini di riposare e dormire. Il reato imputato e riconosciuto addebitabile è quello previsto dall’art. 659 del cod. pen., ossia disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone: tale reato, essendo di tipo contravvenzionale, sussiste indipendentemente dalla volontà di compierlo, ben potendo configurarsi anche in ipotesi di mera colpa, come nel caso esaminato dalla Suprema Corte nel caso deciso con la sentenza n. 12939 del 19/03/2014. Ed invero benché gli autori dei rumori e quindi del disturbo fossero i bambini, ad essere condannati sono stati i genitori perché, quali esercenti la potestà sugli stessi ed essendo naturalmente responsabili delle azioni compiute dai loro figli, non hanno impedito che questi arrecassero l’accertato disturbo ad un intero condominio. Per tale ragione a nulla rileva la circostanza, adotta dai genitori che hanno appellato la sentenza di condanna inflitta in prima e secondo grado, secondo i quali la ragione dei rumori fosse da ascrivere al sonnambulismo da cui sarebbe afflitta la loro figlia minore: i Giudici di Piazza Cavour spiegano proprio “per la sua natura contravvenzionale, il reato contestato è addebitabile anche a fronte di un comportamento colposo, riscontrabile nel mancato controllo sui movimenti di eventuali figli minori”. La diffusione del rumore: il disturbo circoscritto non integra gli estremi del reato. “Per la configurabilità del reato di cui all’art. 659 c.p. è necessario che i rumori abbiano una certa attitudine a propagarsi, in modo da essere idonei a disturbare più persone. Pertanto, quando si tratta di rumori prodotti in edificio condominiale è necessario che essi, tenuto conto anche dell’ora (notturna o diurna) in cui vengono prodotti, arrechino disturbo ovvero abbiano l’idoneità concreta di arrecare disturbo ad una parte notevole degli occupanti del medesimo edificio” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 3348 del 16/01/1995). Questa massima, sancita ormai vent’anni fa, resta assolutamente attuale, tano da esser stata espressamente richiamata dai Giudici di legittimità nella sentenza in commento ove viene infatti chiarito che “quando l’attività disturbante si verifichi in un edificio condominiale, per ravvisare la responsabilità penale del soggetto agente non è sufficiente che i rumori arrechino disturbo o siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti l’appartamento inferiore o superiore, ma deve ricorrere una situazione fattuale diversa di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo ala totalità o ad un gran numero di occupanti del medesimo edificio, oppure a quelli degli stabili prossimi: insomma ad una quantità considerevole di soggetti. Soltanto in tali casi potrà dirsi turbata o compromessa la quiete pubblica” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 12939/2014). Senza un disturbo generalizzato non c’è reato. È importante chiarire questo dal momento che, poiché l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, “i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 47298 del 29/11/2011). “Ne consegue che per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. è necessario procedere all’accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 3348/1995). In caso contrario, ove i rumori rechino disturbo ad un numero più ristretto e ben determinato di persone, essi configurano soltanto un illecito civile, avverso il quale si potrà al massimo ricorrere alla tutela del giudice civile chiedendo un risarcimento. Carcere e risarcimento per genitori poco attenti dell’altrui diritto al riposo. Il risarcimento del danno, unica strada percorribile in caso di rumori circoscritti in ambiti spaziali meno ampi, si aggiunge invece alla condanna penale nel caso in cui essi molestino quel “numero rilevante di persone” che, come chiarito dalla stessa Cassazione, ben può essere rappresentato da un intero condomino: in simili ipotesi, pertanto, sussistenti gli estremi del reato di cui all’art. 659 cod. pen., il risarcimento del danno si sommerà al carcere, pena prevista dalla contravvenzione in parola. E difatti, nel caso di specie, a 2 mesi di arresto sono stati condannati quei genitori “distratti” e comunque noncuranti dei richiami, delle lettere e finanche delle querele che pure continuavano a subire: giusta pertanto la condanna, perché l’educazione della prole passa anche e soprattutto attraverso l’insegnamento di valori quali il rispetto (del riposo) altrui. – Non perdere di leggere:Spostare i mobili la mattina presto si può. Non arreca fastidio alla maggior parte dei residenti che dell’ora (notturna o diurna) in cui vengono prodotti, arrechino disturbo ovvero abbiano l’idoneità concreta di arrecare disturbo ad una parte notevole degli occupanti del medesimo edificio” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 3348 del 16/01/1995).
Questa massima, sancita ormai vent’anni fa, resta assolutamente attuale, tano da esser stata espressamente richiamata dai Giudici di legittimità nella sentenza in commento ove viene infatti chiarito che “quando l’attività disturbante si verifichi in un edificio condominiale, per ravvisare la responsabilità penale del soggetto agente non è sufficiente che i rumori arrechino disturbo o siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti l’appartamento inferiore o superiore, ma deve ricorrere una situazione fattuale diversa di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo ala totalità o ad un gran numero di occupanti del medesimo edificio, oppure a quelli degli stabili prossimi: insomma ad una quantità considerevole di soggetti. Soltanto in tali casi potrà dirsi turbata o compromessa la quiete pubblica” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 12939/2014). Senza un disturbo generalizzato non c’è reato. È importante chiarire questo dal momento che, poiché l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, “i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 47298 del 29/11/2011). “Ne consegue che per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. è necessario procedere all’accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 3348/1995). In caso contrario, ove i rumori rechino disturbo ad un numero più ristretto e ben determinato di persone, essi configurano soltanto un illecito civile, avverso il quale si potrà al massimo ricorrere alla tutela del giudice civile chiedendo un risarcimento. Carcere e risarcimento per genitori poco attenti dell’altrui diritto al riposo. Il risarcimento del danno, unica strada percorribile in caso di rumori circoscritti in ambiti spaziali meno ampi, si aggiunge invece alla condanna penale nel caso in cui essi molestino quel “numero rilevante di persone” che, come chiarito dalla stessa Cassazione, ben può essere rappresentato da un intero condomino: in simili ipotesi, pertanto, sussistenti gli estremi del reato di cui all’art. 659 cod. pen., il risarcimento del danno si sommerà al carcere, pena prevista dalla contravvenzione in parola. E difatti, nel caso di specie, a 2 mesi di arresto sono stati condannati quei genitori “distratti” e comunque noncuranti dei richiami, delle lettere e finanche delle querele che pure continuavano a subire: giusta pertanto la condanna, perché l’educazione della prole passa anche e soprattutto attraverso l’insegnamento di valori quali il rispetto (del riposo) altrui. – Non perdere di leggere:Spostare i mobili la mattina presto si può. Non arreca fastidio alla maggior parte dei residenti.