Satira e diffamazione

Satira e diffamazione.

Nella satira l’immaginazione parrebbe aver diritti senza limite alcuno. Ma qualche limite dovrebbe imporlo il buonsenso ed il rispetto delle persone “ironicamente satirizzate” onde evitare alle stesse di finire sotto processo per diffamazione. Alla Suprema Corte di Cassazione è stato spesso richiesto di chiarire se talune espressioni satiriche integrino o meno il reato di diffamazione, oppure costituiscano legittimo esercizio del diritto di satira. Ecco che ha sntenziato:  «E’ noto – afferma la Suprema Corte –  che la satira è configurabile come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale; come tale rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 Cost. che tutela la libertà dei messaggi del pensiero. Il diritto di satira ha un fondamento complesso individuabile nella sua natura di creazione dello spirito, nella sua dimensione relazionale, ossia di messaggio sociale, nella sua funzione di controllo esercitato con l’ironia ed il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura. Comunque si esprima e, cioè, in forma scritta, orale, figurata, la satira costituisce una critica corrosiva e spesso impietosa, basata su una rappresentazione che enfatizza e deforma la realtà per provocare il riso. La peculiarità della satira, che si esprime con il paradosso e la metafora surreale, la sottrae al parametro della verità e la rende eterogenea rispetto alla cronaca. Ma a differenza di questa che, avendo la finalità di fornire informazioni su fatti e persone, è soggetta al vaglio del riscontro storico, la satira assume i connotati dell’inverosimiglianza e dell’iperbole. La satira, in sostanza, è riproduzione ironica e non cronaca di un fatto; essa esprime un giudizio che necessariamente assume connotazioni soggettive ed opinabili, sottraendosi ad una dimostrazione di veridicità. Incompatibile con il parametro della verità, la satira è, però, soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni adoperate rispetto allo scopo di denuncia sociale perseguito (…) il linguaggio, [infatti], è essenzialmente simbolico e frequentemente (…) è svincolato da forme convenzionali, per cui è inapplicabile il metro della correttezza dell’espressione». (cfr.Corte di Cassazione, Sezione III Civile, sentenza 5 febbraio – 10 marzo 2014, n. 5499). E ancora: «l’utilizzo di espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui deve essere strumentalmente collegato alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non deve risolversi in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato (così Cass. ord. 17.9.2013 n. 21235; Cass. 8.2.2012 n. 1753; Cass. 28.11.2008 n. 284119.) In questo ambito concettuale è stato, ulteriormente, affermato – sia dalla giurisprudenza penale sia da quella civile di legittimità – che la satira, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può infrangere il rispetto dei valori fondamentali della persona, per cui non può essere riconosciuta la scriminante di cui all’art. 51 c.p. per le attribuzioni di condotte illecite o moralmente disonorevoli, gli accostamenti volgari o ripugnanti, la deformazione dell’immagine in modo da suscitare disprezzo della persona e ludibrio della sua immagine pubblica (tra le varie Cass. 8.2.2012 n. 1753; Cass. 28.11.2008 n. 28411)». Da ultimo occorre ricordare che:“in tema di diffamazione, l’evento lesivo della reputazione altrui può ben realizzarsi, oltre che per il contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche perché il contesto, in cui la stessa è pronunziata, determina un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole quanto meno un contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio” (tra le varie Cass. 13.1.2009 n. 482)». Alla luce della predetta giurisprudenza della Corte di Cassazione appare che nessun dubbio possa sussistere in relazione alla configurabilità della lesione nei confronti della reputazione e dell’onorabilità di una persona o di un ente, anche se tale lesione derivi da una satira e qualora non siano rispettati i richiamati principi.