Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 19 febbraio 2013 n. 4029
Sussiste la responsabilità medica del ginecologo che consiglia il ricovero d’urgenza in una casa di cura ma non fornisce le necessarie informazioni sulle cure da fornire, i farmaci da assumere e soprattutto la necessità di evitare interventi ablatori su un soggetto ancora giovane e integro e dunque se ben curato idoneo a procreare. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 4029/2013, accogliendo il ricorso di una donna inizialmente rivoltasi ad un ginecologo per irregolarità mestruali, che non le permettevano di avere figli, e che negli anni era stata sottoposta ad una serie di cure (dalla stimolazione ormonale alla somministrazione di gonatropine) a cui era seguito un primo aborto e successivamente l’asportazione delle ovaie per una cisti.
In secondo grado la Corte di Appello di Roma aveva scagionato il medico di fiducia per la prodotta infertilità perché non rinveniva l’esistenza di un nesso causale tra la precedente fase di cura e il successivo intervento chirurgico la cui responsabilità doveva essere rimessa unicamente ai medici che avevano operato.
Per la Suprema corte però il ragionamento è “giuridicamente errato” non sussistendo una scissione tra fatto dannoso, invalidante, eseguito in una casa di cura non attrezzata per una situazione di emergenza e “la condotta omissiva e negligente del medico curante” che consiglia il ricovero ma non fornisce ai medici informazioni adeguate. Così integrando “una gravissima condotta negligente ed omissiva verso i medici che intendevano effettuare un intervento che non doveva essere ablativo, ma conservativo”.
Dunque, osserva la Corte, “sotto il profilo causale, l’inadempimento del medico al dovere di cura e di compartecipazione in una situazione di emergenza, non è occasione di sventura, ma concausa, e se tale concausa ha natura omissiva, è tuttavia fattore determinante di un intervento chirurgico che avviene presso una struttura inidonea al punto che un intervento conservativo si trasforma nella lesione della integrità della giovane donna che mai avrebbe pensato e acconsentito di venire sterilizzata”.
Dunque, più responsabilità per il medico di fiducia che si limita ad indirizzare i propri pazienti verso un casa di cura senza collaborare.