Si può dare dell’incompetente all’amministratore di condominio senza per questo commettere reato.
A sdoganare un termine, che generalmente viene percepito come offensivo, è la quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato senza rinvio una decisione con cui i giudici di merito avevano condannato una condomina per il reato di cui all’articolo 594 del codice penale (reato di ingiuria).
La donna, infatti, nel corso di un’assemblea condominiale si era rivolta all’amministratore apostrofandolo con l’epiteto di “incompetente”. La donna era stata condannata anche al risarcimento danni in favore della parte civile costituita. Il caso finiva dinanzi alla Corte di Cassazione dove l’imputata faceva notare come la parola “incompetente” era stata profferita nel contesto di una discussione assembleare dove si criticava legittimamente l’operato dell’amministratore.
Una tesi questa che ha fatto breccia nei giudici della suprema Corte secondo cui è proprio il contesto della discussione condominiale in cui la parola è stata pronunciata a rendere lecito l’epiteto. Come si legge nel testo della sentenza qui sotto allegato nella fattispecie può ravvisarsi l’esercizio “di un legittimo diritto di critica nei confronti dell’amministratore, con riguardo alle modalità della gestione del condominio da parte dello stesso“.
Il termine, continua la Corte, “non trascende di per sé i limiti di tale esercizio”, non investendo la persona dell’amministratore in quanto tale ma limitando la critica agli atti da lui compiuti “nel compimento del proprio incarico”.
Cassazione Penale, sentenza 5 febbraio 2015, n. 5633