Maltrattamenti a scuola o all’asilo

  • penale

Il nostro ordinamento giuridico, in relazione alla crescita e formazione dei minorenni, attribuisce ai genitori un potere educativo (v. art. 30 Costituzione) che consente l’uso moderato di mezzi fisici coercitivi e repressivi (il cd. ius corrigendi), ammettendo peraltro la facoltà di delegare ad altre persone od istituti, più capaci ed idonei all’insegnamento, il compito di educarli con gli stessi mezzi.

Al fine, però, di evitare abusi nell’utilizzo di talileciti mezzi di educazione, il legislatore ha previsto il reato di cui all’art. 571 c.p., il quale punisce “Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente”.

Perché si configuri il reato in parola,presupposto necessario èun uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi, che sfoci (per eccesso) in un abuso di utilizzo degli stessi.

Ciò implica che l’esercizio del potere di correzione fuori dai casi consentiti o con mezzi di per sé illeciti o contrari allo scopo fa venire meno la stessa configurabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina ex art. 571 c.p., potendosi eventualmente configurare un’altra ipotesi delittuosa (Cfr. Cass Pen n. 39927/2005).

In ambito scolastico, ci si è dunque chiesti se l’uso della violenza come ordinario trattamento del minore da parte dell’insegnante integri il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.o il meno grave di abuso di mezzi di correzione di cui all’art. 571 c.p..

In particolare, il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. punisce “Chiunque … maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cure, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte”.

A tal proposito si è recentemente espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 11956/2017, stabilendo che “L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti”.

È dunque da ritenersi che gli atti di violenza esercitati da un’insegnante nei confronti di un minore debbano essere qualificati come maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., non potendosi configurare il reato di abuso di mezzi di correzione, in quanto gli ordinamenti scolastici escludono in maniera assoluta le punizioni consistenti in condotte violente(Cfr. Cass. Pen.n. 11956/2017).