L’uso personale del pc aziendale non costituisce causa di licenziamento

Secondo la recente pronuncia della Suprema Corte riportata in calce, non e’ posto in discussione il principio secondo cui il datore di lavoro non puo’ comminare un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione piu’ grave di quella prevista dal contratto collettivo applicabile con riferimento ad una determinata infrazione (v. in questo senso, per tutte, Cass. 29 settembre 2005 n. 19053,17 giugno 2011 n. 13353).

Rileva la Corte che quanto dedotto dalla Societa’ ricorrente non vale a dimostrare che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza gravata, l’addebito mosso al dipendente riguardi infrazioni disciplinari singole e diverse rispetto a quanto contemplato dal CCNL (richiamato nella lettera di contestazione) di uso improprio di strumenti aziendali. Il riferimento a precedenti disposizioni del datore di lavoro sull’uso del computer aziendale, non costituisce certo una violazione di impegni contrattuali, interessando solo la valutazione della gravita’ dell’inadempimento.

La consistente presenza di materiale pornografico, non è stata dedotta quale specifica contestazione di addebito formulata con la lettera di richiamo, che tace anche quanto alla presenza di programmi coperti da copyright, con conseguenti profili di responsabilita’ per l’azienda.

Quanto al giudizio di proporzionalita’ tra violazione contestata e provvedimento disciplinare la Corte Suprema rileva che la valutazione della gravita’ dell’inadempimento dal lavoratore e dell’adeguatezza della sanzione è questione di merito che, se adeguatamente motivata nella sentenza gravata, si sottrae al riesame in sede di legittimita’ (cfr. Cass. 7 aprile 2011 n. 7948, 25 maggio 2012 n. 8293).

Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 18.03.2014 n° 6222