Licenziamento per giusta causa

  • civile

Sentenza Corte di Cassazione, Sez. lavoro, 28.01.2013, n. 1813 ( Presidente dott. Roselli, relatore dott. Fernandes)
Lavoro subordinato – Licenziamento per giusta causa – Fattispecie – Svolgimento di attività parallela in favore di terzi mediante utilizzo di strumenti aziendali.

Attenta  alla sicurezza della società l’uso privato dello strumento aziendale per l’accesso alla rete web, a sottolinearlo è la Cassazione con la sentenza n. 1813/2013.

Il caso nasce quando ad un dipendente , con funzioni di responsabile dei sistemi informativi e dei trattamenti di manutenzione delle apparecchiature hardware esoftware, incaricato, anche , delle copie di sicurezza delle banche-dati, è stato contestato di aver permesso ad un collega, non autorizzato, di accedere sistematicamente alle informazioni inerenti a gestione e amministrazione del personale, il dipendente avrebbe anche utilizzato, per fini personali, il PC  aziendale e la connessione di rete fissa e mobile dell’azienda.

Il dipendente ha impugnato la sanzione disciplinare, venendosi confermata la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, però, sia dal Tribunale, che dalla Corte di Appello. A seguito di ricorso per Cassazione,   il licenziamento viene confermato, in quanto alle mansioni è stata attribuita la caratteristica di forte vincolo fiduciario, che si ritiene fosse stato leso. La Corte ha posto l’attenzione sulla astratta pericolosità della condotta tenuta dal ricorrente che col suo comportamento, avrebbe gravemente messo in pericolo la sicurezza dell’azienda.

La Cassazione ha sottolineato le delicate tematiche legate all’uso, da parte del dipendente, della rete aziendale (LAN) , quali la facilità con cui tali sistemi di comunicazione possono permettere la fuoriuscita di dati ed informazioni protetti, oltre che gli esiti che un uso scorretto della posta elettronica interna potrebbe arrecare alla società – non solo come perdita di risorsa lavoro, o un danno da incauta navigazione web – ma anche come rischio di un grande danno all’immagine, qualora  il dipendente commetta reati informatici, inizialmente attribuibili all’azienda.

La violazione dei principi di riservatezza di cui alla Carta costituzionale, all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (che vieta il controllo a distanza del dipendente) e al D.Lgs. n. 196/2003 (Testo Unico sulla privacy), limita il potere di controllo dei vertici aziendali sul dipendente tanto da far intervenire  il Garante per la privacy – a con il testo:  “Linee-guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati”, emanate con delibera n. 53/2006 – ove si consiglia di dotarsi di un disciplinare interno, in armonia con i principi del codice della privacy, con cui  indicare direttive in punto di utilizzo degli strumenti informatici dell’organizzazione, al fine di garantirne un corretto utilizzo.