La remissione della querela per stalking non ferma il processo per lesioni

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La remissione di querela da parte della vittima non impedisce l’azione, d’ufficio, per lesioni.
Lo stalker che provoca anche lesioni personali alla vittima subisce, comunque, il processo per questo secondo reato anche nel caso in cui la persona offesa ritiri la querela.
Nella fattispecie concreta un soggetto era stato tratto a giudizio per il reato p.e.p. dall’articolo 612bis del codice penale, ovvero reato di stalking, nonché per il reato di cui agli articoli 582 e 585 c.p. in relazione all’articolo 576 n. 5.1. c.p. (lesioni volontarie commesse dall’autore del reato di stalking nei confronti della persona offesa).
Dinanzi al giudice la vittima, coniuge legalmente separata dell’imputato, rimetteva (con accettazione) la querela per il reato di stalking.
Secondo i giudici della Corte l’articolo 582, comma 2, c.p., nel rendere perseguibile d’ufficio il reato di lesione personale nel caso in cui concorrano alcune delle circostanze aggravanti ex artt. 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle ex n. 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577 c.p., non opera nessuna distinzione tra le circostanze aggravanti cui fa rinvio, perseguendo la finalità di sottrarre al potere dispositivo della vittima – persona offesa, la procedibilità penale in relazione ai reati di particolare gravità.
Si legge testualmente nella decisione in commento “Se, dunque, si assume la prospettiva dell’interesse avuto di mira dal legislatore, che è, in definitiva, quello di assicurare una protezione più intensa del bene giuridico tutelato dall’art. 582 c.p., quando esso sia aggredito con modalità particolarmente gravi ed odiose, appare evidente che l’intervenuta remissione di querela renderà senza dubbio non perseguibile il delitto di atti persecutori (ad eccezione, non a caso, dell’ipotesi, procedibile d’ufficio, prevista dall’art. 612 bis c.p., u.c., in cui “il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3, nonchè quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”), ma non può incidere in nessun modo sulla perseguibilità di un reato, che, in quanto aggravato secondo una delle modalità richiamate dall’art. 585 c.p., comma 1, il legislatore ha voluto venisse sottratta al potere dispositivo della persona offesa.
Ne consegue che il giudice di primo grado, pur in presenza delle remissione della querela da parte della Ragusa, avrebbe dovuto comunque procedere all’accertamento dell’eventuale responsabilità dello I. per il delitto contestatogli nel capo B) dell’imputazione, non ostandovi l’impossibilità giuridica di pervenire ad una pronuncia sulla responsabilità di quest’ultimo per il delitto “presupposto” dalla circostanza aggravante di cui all’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1), derivante dalla non perseguibilità di tale delitto, per sopravvenuta estinzione del reato, conseguente alla remissione della querela”.
Così ha statuito la quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 38690/13.