Due sentenze del Tribunale di Roma (C.T.P. Roma sent. n. 554/35/11 dep. il 16/09/2011 e C.T.R. Roma n. 135/20/11 dep. il 03/11/2011) risultano molto interessanti perché utilizzano il concetto di “crisi economica”nel giustificare l’annullamento delle procedure di accertamento.
Antieconomicità e chiusura dell’azienda
Anlizziamo più dettagliatamente il caso della giudicato dalla C.T.R. di Roma (sent. n. 135/20/11 cit.), che è molto interessante perchè i giudici della sez. 20 utilizzano proprio le parole “crisi economica” e traggono dalla crisi economica una prova a favore del contribuente.
Il fatto
L’accertamento riguarda l’anno d’imposta 2003 e contesta maggiori ricavi al titolare (imprenditore individuale) di un esercizio di bar-caffetteria, in base ad una ricostruzione di una percentuale di ricarico del 170% rispetto al costo del venduto. Il comportamento del contribuente veniva considerato antieconomico e, pertanto, censurabile.
Il contribuente contesta l’applicazione di tale percentuale di ricarico per più motivi.
Innanzi tutto, per non essere stato chiamato al contraddittorio, poi perché l’Ufficio nel ricostruire la percentuale di ricarico non ha tenuto conto della localizzazione dell’attività, situata in una piccola frazione piccolo Comune della provincia di Rieti, dato che influisce sulla percentuale di ricarico applicabile.
Inoltre, nell’anno 2004 il contribuente, a fronte dello stato di crisi economica e della mancanza di clientela cessava l’attività sottoposta ad accertamento; la cessazione dell’attività era motivata anche da motivi di salute del contribuente.
I motivi del giudizio
I giudici accolgono le tesi del contribuente, sia in primo che in secondo grado, e censurano il comportamento dell’ufficio.
Secondo i giudici di secondo grado, il comportamento dell’Ufficio è “non coerente”, in quanto si è limitato ad applicare statisticamente la percentuale di ricarico ai costi del venduto per ricostruire i ricavi. Se la percentuale di ricarico applicata dal contribuente appare antieconomica, questo “… andava considerato un mero indizio da integrarsi con ulteriori elementi concreti di evasione, diversi dalla percentuale di ricarico ancorata a meri calcoli statistici…”.
Gli elementi indicati dal contribuente, in particolare la localizzazione dell’attività in una località marginale e la crisi economica sono indizi utili a contestare la percentuale di ricarico ricostruita in modo meramente statistico dall’ufficio. Particolare importanza assume la cessazione dell’attività nell’anno successivo a quello oggetto di accertamento, in quanto la cessazione dell’attività è una conferma della “crisi economica” in cui versava l’attività imprenditoriale accertata.
Ecco le parole dei giudici romani. “E’ di tutta evidenza che la rispondenza a verità di quanto dichiarato da contribuente doveva essere desunta, anzitutto, dalle circostanze in fatto sopra indicate, confermate successivamente proprio dalla intervenuta cessazione dell’attività”.