Insulti e diffamazione sulla bacheca di Facebook: scatta il risarcimento del danno

Attenti a quello che scrivete sulla vostra bacheca di Facebook: il risarcimento, in caso di diffamazione, è dietro l’angolo e quello che era un semplice sassolino nella scarpa diventa una pietra per tutta la vita.

Un commento poco elegante a una foto caricata su Facebook può costare un risarcimento di 15 mila euro. Tale è stata, infatti, la condanna che il Tribunale di Monza [1] ha inflitto ad un utente del social network blu per la sua condotta diffamante nei confronti della ex fidanzata.

La sentenza, che tratta il tema oggi assai discusso dell’offesa all’onore e alla reputazione per mezzo di un social network, offre lo spunto per svolgere alcune considerazioni sui rischi della navigazione in Internet: in particolare sulle conseguenze di un uso troppo disinibito della rete e degli strumenti che essa offre.

Il giudice ha ritenuto le parole postate sul social network come un insulto al decoro, all’onore e alla reputazione della donna, che ne avrebbero determinato un danno morale.

D’altronde, il crescente sviluppo dei social network come Facebook, Twitter e Netlog se da una parte consente una rapida diffusione di nuove forme di comunicazione e circolazione di informazioni, dall’altra crea una sorta di “terra di nessuno” che facilita la commissione di condotte illecite, dove il legislatore e il giudice si muovono con difficoltà.

Ma quando si può parlare di diffamazione su Facebook?
In generale si può dire che il reato di diffamazione ricorre in presenza dell’inserimento di frasi offensive, battute personali gravi, notizie riservate (la cui divulgazione provoca pregiudizi), foto denigratorie o la cui pubblicazione ha ripercussioni negative (anche solo potenziali) sulla reputazione della persona ritratta.

È diffamatorio, per esempio:
– creare il gruppo “Quelli che odiano il proprio professore di matematica”;
– rivelare sulla propria o altrui bacheca una relazione extraconiugale del proprio collega di lavoro con la segretaria [2];
– inserire la foto della propria ex fidanzata nuda o in atteggiamenti piccanti.

Per parlare di diffamazione, l’offesa deve essere rivolta a un soggetto determinato o determinabile (cioè ad esempio menzionando nome e cognome). Se si parla male di una persona senza far capire di chi si tratta non c’è reato. Il reato invece sussiste se si inseriscono riferimenti che consentano di risalire alla persona offesa.

Le pene previste per la diffamazione a mezzo internet sono la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore ad euro 516 [3].

Inoltre la giurisprudenza è orientata a ritenere responsabile anche colui che, venutone a conoscenza e avendo i poteri per farlo, non cancella la pubblicazione.

Il vero problema non è però rappresentato tanto dalla pena (che il più delle volte viene sospesa con la “condizionale”), ma dai costi connessi al procedimento penale.

In caso di condanna occorre infatti pagare:
– il legale della parte civile;
– il proprio legale
– il risarcimento dei danni provocati alla parte lesa.

Un consiglio? Non perdete le staffe davanti al pc o potrebbe costarvi caro…

 

[1] Causa iscritta al RG n.4456/09.
[2] Di recente, Cass. sent. n. 44940 del 2.12.2011.
[3] Commette invece il reato di diffamazione aggravata (art. 595 c.p. co.3) Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (quale internet, ad esempio).