Induzione indebita e corruzione tra privati nel novero dei reati del D.Lgs. 231/01

  • penale

Con la legge 06.11.2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, pubblicata inGazzetta Ufficiale n. 265 del 13.11.2012, sono stati introdotti due nuovi reati-presupposto nel novero di quelli previsti e puniti dal D.Lgs. n. 231/2001. Ebbene, con questi due recentissimi interventi si è cercato di recepire e dare attuazione anche in Italia ad alcune delle prescrizioni contenute nella convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 31.10.2003 (c.d. convenzione di Merida, ratificata con legge n. 116/2009), nonché nella convenzione penale sulla corruzione approvata dal Consiglio d’Europa il 27.01.1999 (c.d. convenzione di Strasburgo, ratificata con legge n. 110/2012).
Enti, società e associazioni, pertanto, potranno da oggi rispondere in prima persona anche dei reati di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater cod. pen.) e di corruzione tra privati (art. 2635 cod. civ.). Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal 28.11.2012 e determineranno per le imprese la necessità di un tempestivo adeguamento dei modelli organizzativi predisposti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
Specificatamente, il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui al nuovo art. 319-quater cod. pen., introdotto nell’alveo dei reati-presupposto del D.Lgs. n. 231/2001 all’art. 25 (accanto a corruzione e concussione), sanziona, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce qualcuno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, nonché la condotta di chi dà o promette denaro o altra utilità (al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio).
Tale fattispecie, dunque, richiama il reato – ora eliminato dalla c.d. legge anticorruzione – di “concussione per induzione”, ponendosi, tuttavia, sia per la sua collocazione nell’ambito del codice che per alcuni dei suoi elementi caratteristici, in una posizione intermedia tra la concussione e la corruzione (posizione, comunque, più prossima alla corruzione). Ed invero, il reato in commento si differenzia dalla concussione sia per quanto attiene il soggetto attivo (che può essere, oltre al pubblico ufficiale, anche l’incaricato di pubblico servizio), sia per quanto attiene alle modalità per ottenere o farsi promettere il denaro o altra utilità (che nell’ipotesi criminosa in questione, consiste nella solo induzione), che per la prevista punibilità anche del soggetto che dà o promette denaro o altra utilità (così come avviene per il reato di corruzione).
Preme evidenziarsi, a tal proposito, che proprio il possibile coinvolgimento – e la conseguente punibilità – di un soggetto terzo rispetto alla pubblica amministrazione comporta i maggiori rischi per enti, società e associazioni, dato che, come è noto, le disposizioni del D.Lgs. n. 231/2001 non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici (nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale), circostanza che rende certamente meno agevole, ma non l’esclude, l’incriminazione dell’ente per fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
L’introduzione di tale nuova fattispecie nell’alveo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, tra l’altro, non è di poco conto per gli enti se si considera che oltre al rischio che sia comminata una sanzione pecuniaria di entità compresa tra trecento a ottocento quote (equivalente ad una condanna pecuniaria che può arrivare fino a un milione duecentomila euro), vi è anche quello che venga applicata, quale misura interdittiva e per una durata non inferiore ad un anno, la sospensione dell’attività, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione o il commissariamento (ai sensi dell’art. 14, comma 3, del citato decreto, anche congiuntamente).
Il reato di corruzione tra privati, di converso, viene collocato nell’ambito dei reati societari disciplinati dal codice civile e va a sostituire il precedente art. 2635, rubricato “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità”, con contestuale sua introduzione, limitatamente al comma 3, nel novero dei c.d. reati-presupposto all’art. 25-ter, comma 1, lett. s-bis) , D.Lgs. n. 231/2001.
L’art. 2635 cod. civ. sanziona, infatti, salvo che il fatto costituisca più grave reato, «gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società» (comma 1), con pena più lieve se il fatto è commesso «da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma» (comma 2). È imputabile, insieme al corrotto anche il corruttore ovvero «chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma» (comma 3).
Ebbene, l’art. 25-ter D.Lgs. n. 231/2001 prevede quale reato-presupposto il delitto di corruzione tra privati, nei soli «casi previsti dal terzo comma dell’articolo 2635 del codice civile» ai quale applica una sanzione pecuniaria dalle duecento alle quattrocento quote (sanzione equivalente ad una condanna pecuniaria che può arrivare fino a seicentomila euro). Pertanto, con riferimento a tale fattispecie una eventuale responsabilità può sorgere soltanto in capo all’ente al quale appartiene il soggetto corruttore, ossia colui che «dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma» dell’art. 2635 cod. civ. (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori e persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei citati soggetti).
Concludendo, i due nuovi reati-presupposto, unitamente alle numerose altre modifiche apportate dalla c.d. legge anticorruzione a diversi illeciti penali contro la P.A. che già rientravano nell’alveo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, impongono ad enti, società e associazioni di procedere ad una tempestiva e significativa revisione dei modelli già esistenti per uniformarli alle nuove prescrizioni o di adottare un modello 231ex novo, al fine di scongiurare eventuali responsabilità e pesanti condanne.