Il padrone di casa non può staccare l’acqua anche se la locazione è scaduta

Tutela del possesso: anche a contratto ormai terminato, si configura lo spoglio ai danni del conduttore; l’inquilino resta infatti detentore qualificato dell’immobile.

Nonostante il contratto di affitto sia ormai scaduto per decorrenza dei termini o perché disdettato (legittimamente) da una delle parti, il padrone di casa non può staccare l’acqua calda all’inquilino che continua ad occupare l’appartamento, solo per costringerlo ad andar via nel più breve tempo possibile.

Infatti, poiché il conduttore è considerato un cosiddetto “possessore qualificato” dell’immobile, e tale rimane finché non lo lascia, la legge tutela – almeno in via provvisoria – il possesso che egli vanta sul bene (l’appartamento). Dunque, stando così le cose, l’inquilino può ben ricorrere al giudice con quella che si definisce una azione possessoria (ossia una causa per difendere, in via urgente, il possesso su di un bene).

Il proprietario di casa, in definitiva, non può farsi giustizia da sé tagliando i servizi essenziali all’inquilino, come il distacco della corrente elettrica o dell’acqua calda; né può cambiare le chiavi dell’appartamento pur di liberare i locali.

È quanto ricordato dalla Cassazione in una sentenza di qualche ora fa [1].

Non è corretto ritenere che, dopo la scadenza del contratto di locazione, il conduttore sia da considerare un occupante senza titolo dell’immobile: egli, al contrario, anche se non vuole restituire l’appartamento, resta un “detentore qualificato” dell’immobile fino al rilascio del bene; dunque, è legittimato a proporre un’azione di spoglio contro la condotta proditoria del proprietario dell’immobile [2]. Scopo dell’azione possessoria è, infatti, proprio quello di evitare che i cittadini si facciano giustizia da sé.

Al locatore, in conclusione, non resta che una sola carta: quella di agire per ottenere uno sfratto esecutivo dal tribunale.

[1] Cass. sent. n. 18486/14 dell’1.09.2014.
[2] Ex art. 1168, secondo comma, cod. civ.