Il falso d’autore in tema di profumi

  • penale

Un recente procedimento penale sul tema, ancora pendente in fase di giudizio di primo grado, ci ha spinti a ri -verificare la giurisprudenza in proposito di c.d.”falso d’autore” , l’esame diretto in aula del materiale sequestrato, ha confermato poi, come i marchi apposti fossero identici a quelli delle case madri parti offese e come fosse percepibile la scarsa qualità dei liquidi contenuti nelle boccette.
Sul punto sarebbe da verificare anche la non pericolosità dei liquidi e/o il rispetto delle indicazioni comunitarie e nazionali in tema di realizzazione e commercializzazione dei profumi.

La Cassazione penale è intervenuta con sentenza n.28423/12, depositata il 16 luglio 2012, sulla contraffazione di marchi. Il caso, appunto, riguardava la produzione e commercializzazione di profumi non originali, riproducenti marchi noti del settore.
La Corte doveva considerare se escludessero il reato due circostanze:
a) la presenza, nei negozi di un imputato, di locandine che avvisavano della natura non originale dei prodotti e
b) la dicitura “falso d’autore” presente nella confezione.

Per le difese degli imputati, queste circostanze dimostravano l’assenza di rischi di confusione: le avvertenze, in altri termini, sarebbero state tali da rendere inesistente qualsiasi possibilità di inganno dei clienti sulla non originalità dei prodotti.

I giudici di legittimità non hanno trovato fondamento a questa tesi, motivando che il reato di contraffazione tutela la “pubblica fede in senso oggettivo”, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi, diritti d’autore e di proprietà industriale, e non l’affidamento soggettivo di singoli individui/acquirenti.

Non appare di conseguenza necessario che si sia verificato in concreto un inganno sulla genuinità del prodotto: basta la riproduzione del marchio registrato altrui per far scattare il reato.

La Cassazione, che era giunta ad analoghe conclusioni (cfr- Cass., 9.1.2009, n. 14876) ha pure affermato che:
– la confusione che va evitata non è tanto fra i prodotti, quanto fra i marchi (rispettivamente il marchio registrato e la sua riproduzione);

– la contraffazione è un reato “di pericolo”: è sufficiente l’attitudine della falsificazione a generare confusione per essere colpiti dalla sanzione penale.

Un problema similiare era stato posto negli anni scorsi in tema di c.d. “falso grossolano”, che si verifica quando le caratteristiche del prodotto (la qualità scadente, la distribuzione in circuiti – o a prezzi – incompatibili con il mercato degli originali) renderebbero di tutta evidenza la sua provenienza non “ufficiale”. La Suprema Corte dopo alterni pronunciamenti, ha sanzionato tale ipotesi, con motivazioni aderenti a quelle sopra riportate (cfr. Cass. 5.11.2001 n. 1195).

Si può dunque sostenere che la giurisprudenza penala è ormai consolidata nel ritenere illecita la produzione o commercializzazione di prodotti con marchi falsificati anche se tale falsificazione è evidente o addirittura dichiarata.