Per la Corte costituzionale è legittima la norma che impone al danneggiato in un incidente stradale di chiedere, prima di adire il giudice, all’assicurazione per via stragiudiziale il risarcimento del danno. L’art. 145, co. 1, del Codice delle assicurazioni private (D.Lgs. 209/2005) subordina infatti l’esperimento dell’azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, al decorso di 60 giorni, ovvero di 90 in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avendo osservato le modalità ed i contenuti dettagliatamente descritti dal successivo art. 148.
A sollevare la questione di legittimità del citato art. 145 è stato il giudice di pace di Roma il quale ha evidenziato numerosi profili di censura in relazione a molteplici parametri costituzionali, tutti ruotanti attorno all’argomentazione per cui la necessità di conformazione della previa richiesta risarcitoria ex art. 145 ai contenuti prescritti dall’art. 148 dello stesso Codice delle assicurazioni, con l’imporre un maggior onere di allegazione e di prova rispetto alla precedente normativa (art. 22 L. 990/1969), determina, a svantaggio del danneggiato, un inasprimento del filtro dell’azione giudiziaria, finendo col menomare, sul piano sostanziale e processuale, la tutela dello stesso danneggiato.
Non venendo in discussione il condizionamento ex sedell’accesso alla giurisdizione, la cui compatibilità con il precetto dell’art. 24 Cost., ove giustificato da esigenze di ordine generale, è stata più volte riconosciuta dalla stessa giurisprudenza costituzionale, nella sentenza n. 111 del 3 maggio 2012, la Corte, nel respingere la questione, ha sottolineato come, invero, quel che il rimettente denuncia come irragionevole ed eccessivamente oneroso per l’interessato si riveli come un meccanismo la cui ratio è piuttosto quella di rafforzare, e non già di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo dell’onere di diligenza, a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore. Questo, infatti, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto dell’istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta di risarcimento adeguata nel quantum.
Deve pertanto aversi riguardo al nesso funzionale che, all’interno della normativa denunciata, lega le prescrizioni formali, a carico del richiedente, all’«offerta congrua» che, sulla base della richiesta così formulata, è fatto obbligo all’assicuratore di presentare al danneggiato, in prospettiva di una satisfattiva soluzione della controversia già in fase stragiudiziale, ed anche ai fini di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari. Né è stata ritenuta meritevole di accoglimento la censura del giudice rimettente in base alla quale le formalità imposte dall’art. 148 del D.Lgs. 209/2005 sarebbero volte ad avvantaggiare l’impresa assicuratrice del responsabile nei confronti del danneggiato. Per il Giudice delle Leggi, al contrario, queste configurano un incombente volto a realizzare una più tempestiva ed efficace tutela della vittima del sinistro
Non venendo in discussione il condizionamento ex sedell’accesso alla giurisdizione, la cui compatibilità con il precetto dell’art. 24 Cost., ove giustificato da esigenze di ordine generale, è stata più volte riconosciuta dalla stessa giurisprudenza costituzionale, nella sentenza n. 111 del 3 maggio 2012, la Corte, nel respingere la questione, ha sottolineato come, invero, quel che il rimettente denuncia come irragionevole ed eccessivamente oneroso per l’interessato si riveli come un meccanismo la cui ratio è piuttosto quella di rafforzare, e non già di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo dell’onere di diligenza, a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore. Questo, infatti, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto dell’istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta di risarcimento adeguata nel quantum.
Deve pertanto aversi riguardo al nesso funzionale che, all’interno della normativa denunciata, lega le prescrizioni formali, a carico del richiedente, all’«offerta congrua» che, sulla base della richiesta così formulata, è fatto obbligo all’assicuratore di presentare al danneggiato, in prospettiva di una satisfattiva soluzione della controversia già in fase stragiudiziale, ed anche ai fini di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari. Né è stata ritenuta meritevole di accoglimento la censura del giudice rimettente in base alla quale le formalità imposte dall’art. 148 del D.Lgs. 209/2005 sarebbero volte ad avvantaggiare l’impresa assicuratrice del responsabile nei confronti del danneggiato. Per il Giudice delle Leggi, al contrario, queste configurano un incombente volto a realizzare una più tempestiva ed efficace tutela della vittima del sinistro