Depositate il 9 gennaio 2015 le motivazioni della sentenza della terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione in ordine alla rilevanza penale del consumo di gruppo di sostanze stupefacenti.
Sul punto la Corte ha osservato che il c.d. consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell’ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato all’acquisto collettivo ad uno dei consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l’illecito amministrativo sanzionato dall’art. 75, stesso D.P.R., a condizione che:
- l’acquirente sia uno degli assuntori;
- l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo;
- sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto.
Le Sezioni Unite della stessa corte, in un’altra recente pronuncia, hanno inoltre precisato che con il riferimento all’uso “esclusivamente personale“, inserito dal D.L. n. 272 del 2005, art. 4 bis, conv. in L. n. 49 del 2006, il legislatore non ha introdotto una nuova norma penale incriminatrice, con una conseguente restrizione dei comportamenti rientranti nell’uso personale dei componenti del gruppo, ma ha di fatto ribadito che la non punibilità riguarda solo i casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma all’utilizzo personale degli appartenenti al gruppo che la codetengono.
Nel solco di tale pronuncia – aggiunge la Corte – è stato poi, di recente ribadito che non ricorre l’ipotesi di consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, che implica l’irrilevanza penale del fatto, quando difetti la prova della parziale coincidenza soggettiva tra acquirente e assuntore dello stupefacente; della certezza sin dall’origine dell’identità dei componenti il gruppo; della condivisa volontà di procurarsi la sostanza destinata al paritario consumo personale; dell’intesa raggiunta in ordine al luogo e ai tempi del consumo; dell’immediatezza degli effetti dell’acquisizione in capo agli interessati senza passaggi intermedi (v. Cass. Pen., sez. 4, n. 6782 del 23.1.2014, Cheggoue e altro, rv. 259285).
Facendo applicazione di tali principi, i giudici hanno escluso il consumo di gruppo valorizzando anche altri elementi, quali l’occultamento dello stupefacente all’interno degli slip, l’inversione di marcia cercando di eludere l’intervento della polizia e le contraddittorie dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti dagli arrestati. A ciò è stato poi certamente aggiunta anche la valutazione del rilevante valore economico globale della sostanza detenuta, valore assolutamente sproporzionato rispetto alle condizioni patrimoniali dei due odierni ricorrenti, che la Corte territoriale ricorda essere privi di occupazione lecita e di dimostrate fonti di reddito.
La conclusione nel caso in esame è stata, dunque, che la condotta degli imputati non appare correlabile al consumo (personale o di gruppo) in termini di immediatezza, laddove, di contro indici sintomatici della finalità di spaccio – da apprezzarsi sia nella detenzione individuale che in quella di gruppo – sono rappresentati da quanto sopra evidenziato in ordine alla quantità della sostanza detenuta, alla sua composizione, al numero di dosi ricavabili, anche in relazione alle condizioni di reddito dei detentori.
Questo il principio di diritto ribadito dalla pronuncia in annotazione:
In tema di detenzione illecita, di sostanze stupefacenti, il consumo di gruppo, sia nell’ipotesi di acquisto congiunto che in quella di mandato all’acquisto collettivo ad uno dei consumatori, non è penalmente rilevante ma integra un illecito avente natura amministrativa, sanzionato dall’art. 75 del D.P.R. n. 309 del 1990, quando l’acquirente sia uno degli assuntori, l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo e sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto.
Cassazione Penale, Sez. III, 9 gennaio 2015 (ud. 10 dicembre 2014), Sentenza n. 532