La recentissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, emessa a seguito di un ricorso presentato, nell’oramai lontano 13 dicembre 2006, contro lo Stato Italiano da due coniugi milanesi Alessandra Cusan e Luigi Fazzo per non aver consentito di attribuire alla figlia il cognome della madre, ha ritenuto sussistente una discriminazione di carattere sessuale e ha dichiarato che la nostra Repubblica ha violato le previsionidel combinato disposto degli artt. 14 e 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (come integrata dal protocollo firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994 ed entrato in vigore il 01 novembre 1998), stabilendo, altresì, in virtù dell’art. 46 del medesimo Trattato, che la legislazione e/o la prassi italiana si uniformino per rimediare alle violazioni di cui sopra e quindi riconoscere ai genitori la possibilità di scegliere quale cognome attribuire ai figli.
La causa è arrivata anche davanti alla corte costituzionale italiana, la quale ha però rigettato la questione di costituzionalità sollevata dai due coniugi.
Ovviamente, a fronte della dichiarazione di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, la Corte di Cassazione, con Sentenza del 29 maggio-16 luglio 2006, respingeva il ricorso dei coniugi Cusan-Fazzo, sottolineando, però, che quanto denunciato dagli stessi “era retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non in sintonia con le fonti sopranazionali, ma che spettava al legislatore ridisegnarle in senso costituzionalmente adeguato”. Ma tornando alla decisione dei Giudici Europei, con la quale – finalmente – alla fine di questa lunghissima battaglia giudiziaria i coniugi Cusan Alessandra e Fazzo Luigi hanno ottenuto il riconoscimento del loro diritto ad attribuire ai propri figli il cognome della madre.
Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 07 gennaio 2014 (Ricorso n. 77/2007).