Ancora una volta la Suprema Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in materia di contratti dei consumatori e di clausole vessatorie.
Come noto, occorre ricordare «che l’art. 1469 quinquies unitamente agli artt. 1469 bis – 1469 quinquies, contenuti nel capo XIV-bis del cod. civ., furono inseriti nel codice civile dall’art. 25 della legge 6 febbraio 1996, n. 52. Successivamente, tutti gli articoli in questione furono sostituiti dall’art. 1469bis introdotto dall’art. 142 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo). Le norme abrogate sono, comunque, applicabili, ratione temporis, ai contratti (preliminare) conclusi nel luglio 2001».
Orbene, «l’art. 1469 bis qualifica(va) come clausole vessatorie del contratto tra professionista e consumatore quelle che “hanno per oggetto o per effetto di…2) escludere o limitare le anioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista”. L’articolo 1469 quinquies disciplina, poi, [più precisamente] gli effetti di tale clausola, da considerarsi come inefficace, restando il contratto efficace clausole che, “quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di… 2) escludere o limitare l’anione del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista”. La predetta norma prevede, inoltre, che “l’inefficacia opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”».
Ebbene, la vicenda al vaglio della II Sezione della Cassazione, ha ad oggetto proprio la vessatorietà e dunque la nullità, di una presunta clausola abusiva di esonero della responsabilità e, prima ancora di esclusione della garanzia per eventuali vizi occulti, in capo al venditore, occorso in un contratto di compravendita relativo ad un immobile tra un consumatore e un professionista (nella specie una società immobiliare).
Ebbene, rilevati una serie di vizi (umidità — profonde fratture nei muri maestri — mancato funzionamento dell’impianto di riscaldamento — allagamenti) che avrebbero reso inabitabile l’immobile e chiesta la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, il giudice di primo grado rigettava la domanda attorea, ritenendo che essa non potesse essere accolta, “avendo le parti pattuito la clausola di esenzione di responsabilità per vizi, tanto più che (parte attrice non aveva allegato né tantomeno provato la sussistenza delle circostante di cui all’art. 1490 c.c. uniche idonee ad escludere l’effetto della clausola contrattuale (…)”.
La Corte d’Appello di Brescia, a sua volta, rigettava l’appello ivi proposto dal consumatore, non potendo accogliere l’eccezione, proposta in appello, di nullità della clausola di esonero della responsabilità ai sensi dell’art. 1341 c.c., non essendo stata espressamente sottoscritta. “Pur trattandosi di nullità rilevabile anche d’ufficio – dichiarava – per ritenere la clausola (in effetti vessatoria) nulla, occorrerebbe avere la prova (spettante all’appellante) che il contratto in questione fu redatto su schema predisposto dal professionista e non fu, quindi, frutto della libera pattuizione fra le parti”. “Tale prova, tuttavia, manca del tutto non essendo stata neppure mai dedotta”.
Veniva, così proposto ricorso per Cassazione, in particolare, adducendo con il terzo motivo di gravame la “violazione e falsa applicazione dell’ art. 360 C.P.C., in relazione all’art. 1469 quinquies c.c.”.
Nella specie, il ricorrente deduceva l’inefficacia della clausola di cui all’art. 1469, quinquies, 2 comma, n. 2, nel testo vigente ratione temporis, nella parte in cui testualmente prevede l’inefficacia delle “clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto”… “di escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista”. Veniva, così, formulato il seguente quesito: “Se la clausola di esonero della responsabilità per vizi occulti, redatta nell’interesse del professionista, debba essere considerata abusiva ex art. 1469 quinquies comma n. 2) c.c., e se, conseguentemente, debba essere dichiarata inefficace, quantunque individualmente trattata”.
Sul punto l’intervento e la pronuncia della Cassazione: «la clausola in questione è da ritenersi inefficace, così come sostenuto dal ricorrente e tale inefficacia può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado».
A tal proposito, richiama la sentenza n. 14828 del 2012 delle Sezioni unite, e la pronuncia della Corte di giustizia del 4 giugno 2009, causa 243/08, ove ha stabilito che “il giudice deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale e, in quanto nulla, non applicarla, tranne nel caso in cui consumatore vi si opponga”.
Un ulteriore richiamo viene fatto, poi, alla più recente sentenza della Cassazione, la n. 17257 del 2013 “che ha applicato tale principio anche nell’ipotesi in cui siano state proposte eccezione di nullità del contratto in primo grado, ritenendo ammissibile la proposizione di altre eccezioni che deducono ulteriori profili di nullità, rilevabile d’ufficio”.
Orbene, poste siffatte premesse non può che concludersi, che le clausole vessatorie di un contratto, in cui una delle parti è un consumatore, anche se sono state oggetto di trattativa, devono ritenersi inefficaci, pur restando il resto del contratto valido ed efficace. Trattandosi, infatti, di nullità speciale, l’inefficacia opererà soltanto a vantaggio del consumatore, potendo, peraltro, anche essere rilevata d’ufficio dal giudice
Corte di Cassazione, Sezione II Civile, sentenza 26 novembre 2013 – 21 marzo 2014, n. 6784.