Assolto il datore che non versò i contributi Inps mentre l’impresa era in rosso

«Non costituisce reato» l’omesso pagamento di ritenute assistenziali e previdenziali: dopo il periodo di mero «passivo» la ditta fallì, risulta «verosimile» che non abbia corrisposto anche gli stipendi

«Il fatto non costituisce reato». Scatta l’assoluzione per il datore che non versò le ritenute assistenziali e previdenziali che risultano dal Dm 10 inviato all’Inps. E ciò perché i contributi mancanti risalgono a un momento in cui la ditta è «in passivo», tanto da essere dichiarata fallita alcuni mesi dopo: risulta dunque «verosimile» che nel periodo “incriminato” la società non abbia pagato neppure gli stipendi, ciò che esclude il conseguente obbligo di versare le ritenute e dunque il reato di omesso pagamento. È quanto emerge dalla sentenza 521/14, pubblicata dal giudice monocratico del tribunale di Rimini (magistrato onorario Daniela Berardi).

Presupposto indefettibile

Vittoria per il commerciante difeso dall’avvocato Carlo Alberto Zaina. All’imprenditore si contesta la violazione dell’articolo 2 del decreto legge 463/83 per non aver versato all’istituto previdenziale le trattenute relative ai mesi di ottobre e novembre, in tutto poco più di 20 mila euro: l’ipotesi delittuosa costituisce una forma particolare di appropriazione indebita che, dunque, può ritenersi perfezionata soltanto se dopo l’effettiva corresponsione degli stipendi ai dipendenti si rileva l’omesso versamento delle ritenute all’Inps; l’esborso delle somme dovute ai lavori rappresenta quindi un presupposto indefettibile della fattispecie criminosa. Fin troppo facile l’accertamento dell’omesso versamento all’Inps, che non richiede alcuna ispezione in azienda: basta incrociare le risultanze dei modelli Dm 10 inviati all’istituto dal datore, dal suo consulente o dal suo commercialista, e le somme effettivamente percepite dall’Inps; si può prescindere, in particolare, dalla verifica in concreto dell’attività dell’impresa, dell’effettiva presenza di dipendenti e del loro eventuale numero laddove ciò che conta è la dichiarazione che proviene dallo stesso imprenditore, il quale nei Dm 10 che invia ogni mese all’Inps per via telematica attesta quanto trattenuto e quanto dovuto.

Insolvenza dirimente

Risulta tuttavia decisiva a favore dell’imprenditore la sentenza di fallimento prodotta in giudizio, che certifica come già dal 2008 l’impresa si trovasse in passivo: si deve quindi escludere che anche in seguito fosse oggettivamente in grado di assolvere gli oneri Inps dovuti (l’articolo 1 del decreto legislativo 211/94 prevede infatti che non sia punibile chi provvede al versamento entro tre mesi dalla contestazione o notificazione della violazione). Dalle giurisdizioni di merito, dunque, arriva una nuova sentenza assolutoria ispirata al filone della «crisi di liquidità», cui tuttavia la giurisprudenza di legittimità sta ponendo paletti ben precisi (per il merito cfr. “Assolto il datore che non versa le ritenute perché i clienti non lo pagano e si è separato dalla moglie” e “Imprenditore prosciolto dall’omesso versamento Iva perché l’ente debitore non paga le fatture”, pubblicati il 17 aprile 2014 e il 15 GENNAIO 2013; per la Cassazione cfr. “«Pagati gli stipendi, mancano i soldi per le ritenute»: niente condanna al datore senza motivare sul dolo” e “Contributi non versati? Datore condannato nonostante la crisi: i Dm 10 attestano il pagamento degli stipendi”, pubblicati il 7 febbraio 2014 e il 9 febbraio 2012). Non resta che attendere ulteriori sviluppi.