L’addebito della separazione

  • civile
L’addebito della separazione può essere rilevato “per tabulas”
Tribunale di Bari, Sezione 1, Sentenza 28 giugno 2012, n. 2348

Separazione con addebito – Presupposti – Prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno dei coniugi – Fattispecie – Addebitabilità desumibile dagli atti di causa. (Cc, artt. 143 e 148)

La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno dei coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza. Nel caso di specie, sebbene non vi siano state richieste istruttorie in merito alle circostanze fondanti l’addebito della separazione, la prova che l’intollerabilità irreversibile della convivenza sia ascrivibile alla condotta di uno solo dei coniugi emerge “per tabulas” dall’esame della documentazione allegata. Da questa si evince infatti che il coniuge al quale si intende addebitare la separazione non solo si è allontanato dalla casa coniugale, ma non ha neppure sufficientemente mantenuto la famiglia e neppure ha saputo coltivare alcun tipo di rapporto con la prole ed in particolare con il figlio minore, subendo persino la sospensione della potestà genitoriale. Simili circostanze evidenziato un’indole ed una condotta del tutto lontana dai paradigmi ordinari richiesti dalla normativa per l’adempimento degli obblighi di coniuge e di padre, prescritti dagli artt. 143 e 148 c.c., ragion per cui la domanda di addebito della separazione deve trovare accoglimento.
Tribunale di Bari, Sezione 1, Sentenza 28 giugno 2012, n. 2348

Scioglimento del matrimonio – Determinazione dell’assegno divorzile – Criteri – Valutazione del tenore di vita goduto dal coniuge richiedente in costanza di matrimonio – Tenore di vita e potenzialità economiche dei coniugi. (Cc, art. 149)

A seguito del divorzio tra i coniugi, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base delle aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali.
Tribunale di Milano, Sez. 9, Sentenza 1 giugno 2012, n. 6615

Separazione giudiziale dei coniugi – Addebitabilità – Modi e forma della domanda – Termini per la proposizione della richiesta di addebito ed intempestività della stessa. (Cc, art. 151)

In merito alla separazione personale dei coniugi, è intempestiva la domanda di addebito che sia formulata solamente con la memoria integrativa laddove, nel ricorso introduttivo del giudizio la ricorrente, pur esponendo dei comportamenti lesivi dei doveri coniugali del coniuge, non abbia concluso per l’affermazione di responsabilità dello stesso per la crisi coniugale. Per costante giurisprudenza, infatti, nel giudizio di separazione la domanda di addebito è autonoma e l’iniziativa di un coniuge di richiedere l’addebitabilità della stessa all’altro coniuge, non è mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione tant’è che parte attrice deve inserirla nell’atto introduttivo del giudizio, esorbitando dalla semplice emendatio libelli, consentita in corso di causa mentre per il convenuto essa soggiace ai medesimi tempi e modi della domanda riconvenzionale per cui deve proporla in comparsa di costituzione e risposta.
Tribunale di Bari, Sez. 1, Sentenza 9 luglio 2012, n. 2460


Separazione – Addebito – Intollerabiltà della convivenza – Infedeltà coniugale – Rapporto.

In tema di separazione coniugale, la pronuncia di addebito della separazione non può conseguire esclusivamente alla mera inosservanza dell’obbligo di fedelta’ coniugale, in special modo se la suddetta infedeltà consegua al verificarsi di un’accertata situazione di intollerabilita’ della convivenza, si’ da costituire non la causa di detta intollerabilita’ ma una sua conseguenza (Nel caso di specie, va revocato l’addebito al marito che aveva iniziato una relazione extraconiugale dato che la moglie aveva dichiarato di non volere un figlio da lui).
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 21 settembre 2012, n. 16089

Divorzio – Addebito – Nesso causale – Prova.

Per stabilire la responsabilità in una separazione, è necessaria la prova del nesso causale tra i comportamenti addebitati ed il fallimento del matrimonio. (Nel caso di specie, i coniugi si rinfacciavano reciprocamente la colpa della fine del rapporto, collegandola, lei alle infedeltà ventennali del marito, lui al fatto che la moglie non riesce a fare a meno della madre, abbandonando spesso il tetto coniugale per andare a dimorare nella casa avita. Non essendo possibile stabile un prius, ed essendo quindi mancata la prova del nesso causale tra l’infedeltà e l’intollerabilità della convivenza, non è possibile stabilire a chi vada addebitata la separazione).
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 23 agosto 2012, n. 14610

Separazione – Addebito – Nesso causale – Prova.

Quando, come nella fattispecie, ambedue i coniugi non abbiano lesinato comportamenti ripetuti tali da non consentire la dimostrazione del nesso di causalità tra il comportamento addebitato e la fine del matrimonio, non si dà atto alla separazione con addebito.
Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 23 agosto 2012, n. 14610

Separazione personale dei coniugi – Testimonianza – Privacy – Processo civile – Obbligo di rispetto del diritto alla provacy – Sussitenza – Esclusione Limiti.

Il concetto di trattamento dei dati personali contemplato dal Codice della Privacy con riferimento al divieto di comunicazione o diffusione dei dati (art 4), è ben diverso dalla rappresentazione di fatti che avvenga nell’ambito di una testimonianza ed, in ogni caso, non può riguardare quelle attività necessarie – ed addirittura obbligatorie nel caso del testimone chiamato a deporre – per le esigenze di difesa in giudizio, ovviamente con i limiti generali del pertinenza e della continenza. Infatti, il richiamo ad opera di una parte processuale al doveroso rispetto del diritto (suo o di un terzo) alla privacy non può legittimare una violazione del diritto di difesa che, essendo inviolabile in ogni stato e grado del procedimento ex art. 24 Cost., non può incontrare nel suo esercizio ostacoli od impedimenti nell’accertamento della verità materiale a fronte di possibili ricadute pregiudizievoli alla controparte in merito ai suoi diritti. Pertanto, nessuna questione di mancanza di consenso all’ascolto va posta rispetto al racconto di fatti che, pur riguardando la sfera “sensibile” della persona, vengano impiegati per le esigenze di difesa in giudizio e negli stretti limiti in cui ciò sia necessario.
Corte d’Appello Roma, Sentenza 27 luglio 2012, n. 4023