Stalking: il timore e l’asia causati alla parte offesa possono essere desunti dalla gravità degli episodi contestati.
La Cassazione con la sentenza n. 47195/15 R.G. è ritornata ad esaminare il reato di stalking, sottolineandone i caratteri ed i presupposti, con particolare riguardo allo stato di ansia o il fondato timore di cui all’art. 612 bis c.p. La vicenda nata al termine di un rapporto sentimentale, aveva visto il Tribunale di Brescia in sede di riesame annullare l’ordinanza di custodia cautelare del GIP di Mantova, seppur in presenza di certificazione sanitaria per lesioni subite da una ragazza e di messaggi minacciosi alla stessa inviati, dopo il rifiuto di ritornare a riallacciare il rapporto sentimentale interrotto. Le ragioni di tale annullamento del Tribunale di Brescia, erano riferite alla mancata doglianza di essersi trovata in stato di ansia o paura, di essere stata costretta ad alterare le proprie abitudini e di aver avuto fondato timore per la propria incolumità a seguito dell’aggressione e dei messaggi minacciosi pervenuti. Ricorreva il PM di Mantova avanti alla Suprema Corte di Cassazione, che, accogliendo il ricorso, precisava come la ratio dell’art.612 bis c.p. risieda nella tutela della persona in ordine alla vita ordinaria, per cui atti ripetuti a limitare la libertà di autodeterminazione evidentemente non posso che compromettere l’equilibrio psichico, inducendo timori per la propria incolumità tali da far integrare la sussistenza del reato contestato di molestie di cui all’art.612 bis c.p. Rilevante, infine, il richiamo al fatto che la configurabilità della fattispecie in esame non richieda l’esatta descrizione dell’evento, che può essere agevolmente ricavato, dal complesso degli elementi acquisiti e dalla brutalità della condotta messa in essere dall’aggressore.